Nella notte: è nella notte che le decisioni significative, quelle del potere, della politica, vengono prese. È nella notte che accade quel che a noi comuni cittadini non è dato sapere. Nella notte si agitano le ombre, i segreti, i soldi, il sesso, i poteri. Tre forze interconnesse, lo ha detto Concita De Gregorio quando l’ho ascoltata raccontare il suo libro a Ravenna. Si intitola Nella notte, lo edita Feltrinelli, ha una copertina blu illuminata da una finestra illuminata al centro: lì si svolgono i fatti di questo strano romanzo, che mi ha molto inquietata, e che pur facendo un po’ di difficoltà ho letto con emozione, sgomento, ansia. Con tante domande.

Facile per me immedesimarsi nella protagonista: Nora sta finendo un dottorato a Pisa, decide di lavorare, per la tesi, sul caso che riguarda una congiura politica passata alla storia per una mancata elezione del presidente della Repubblica. La ricerca la porta a scoperchiare una botola: emergono incontri segreti, morti non chiarite, testimoni scomodi. La dimensione del segreto la porta ad acquisire un certo potere, che a sua volta le permette di essere assunta in un centro studi di apparente prestigio, a Roma. Ma l’arma è a doppio taglio: presto si accorgerà che quel suo potere, la sua conoscenza e la sua curiosità, sono destinati a essere presi di mira, la rendono vulnerabile, controllabile. Nora è dentro un meccanismo oscuro, il vero mostro nero scoperchiato da questo romanzo.

Guardati intorno, lo vedi? – sta distruggendo ogni discorso, ogni dubbio, ogni cosa di senso. Non c’è altro che urla e menzogne e violenza e giudizi sommari e cattiveria, sì, cattiveria e cinismo. E gente sempre più priva di scrupoli che ha investito sull’ignoranza collettiva come se fosse la sua polizza sulla vita, e lo è.

A metterla sulla strada giusta contribuisce la sua amica Alice, che incontra al centro studi e che, un po’ dentro e un po’ ai margini del sistema, della fabbrica del fango, le spiegherà il meccanismo delle tre s: sesso soldi e segreti che regola i flussi di dati e di informazioni odierni. “Puoi contare solo su te stessa, sempre” è la regola base in un luogo adibito alla raccolta, archiviazione, selezione e diffusione di verità prefabbricate che danno vita a una rete di ricatti, manipolazioni, versioni costruite a tavolino che alimentano a loro volte false informazioni, macchiando un intero sistema, sistema che si regge non tanto sui contenuti e la loro qualità, quanto su formule matematiche e algoritmi.

Ma tu sai bene, Nora, che la verità non esiste: chi si ostina a cercarla merita il castigo di trovare la peggiore possibile. Di trovarne una, intendo, che punisca la sua presunzione. […] Dunque, vedi. Non è importante cosa è vero: è importante cosa la gente crede. Perché la gente vota, e dunque decide se attribuirti o no il potere.

È una storia soffocante, inquietante, molto amara, una storia dove il confine tra vero e falso è labile, in fede allo stesso tema trattato. Un invito a stare in guardia, a rendersi conto.

Tutto questo è raccontato in una scrittura quasi frammentaria, per questo complessa da leggere a volte: ci sono salti temporali nei racconti di Nora, quasi flash, ricordi di un passato lontano, di uno prossimo e del presente. Ci sono stralci di dossier, capitoli di tesi, registrazioni di interviste, lettere e mail. Indizi per ricostruire una storia intera, una molteplicità di testi che comprova la complessità di dossier e documenti dietro a cui il cosiddetto Sistema appronterebbe il suo meccanismo di monitoraggio e filtro delle informazioni. È cruda, Concita De Gregorio in questa storia, batte forte sui tasti e sfiora delicatezze emotive che tuttavia non scava: non c’è spazio per i sospiri in questa spirale a soffocare, in questo imbuto di brutalità che amministra il potere e l’informazione.

Si aspetta sempre qualcosa, un’emozione più intensa di Nora, un suo ragionamento tra una scena e l’altra, incastrate in un montaggio che ricorda quello del documentario, dell’inchiesta, una sua fragilità più esposta, deliberatamente dichiarata. Ma l’autrice non l’ha concesso: non è possibile svelare la maschera in determinate circostanze, ci si metterebbe ancora più in pericolo. Forse è così, forse è solo una mia invenzione per giustificare una scelta stilistica.

Dall’altro lato, la scrittura di Concita De Gregorio è potente, limpida, cesella i dettagli, li organizza mettendo in primo piano ciò che serve, senza dire, mostrandolo. E questo è un pregio grande, che credo derivi dall’esperienza grande di una giornalista abituata a osservare e ricollegare i fatti, organizzandoli in quadri e storie. Indimenticabile la descrizione della casa in Sardegna del potente professore di Nora: ogni dettaglio brilla, ogni dettaglio ha un significato preciso, parla per tutte le parole e le impressioni personali di Nora che non sentiamo. È così che si esprime un giornalista, non mettendo se stesso nella scrittura, ma lasciando che il suo sguardo selezioni, e con ciò che ha deciso di isolare costruisca la sua visione. Se il giornalista è bravo – e Concita De Gregorio lo è, molto – quella visione sarà tutt’altro che una sterile descrizione di luoghi: parlerà delle persone.

Non ti manda più nessuno da nessuna parte, non ci sono i soldi, ti dicono, costa troppo, fai da casa. Informati su internet, fai due telefonate, tanto i contatti ce li hai. Capisci? Fai da casa. Così è finito, questo mestiere. Nessuno va più da nessuna parte, le redazioni non mandano e i giovani imparano che si può fare stando fermi. Ma come fai a capire le cose se non le vai a vedere, se non chiedi, se non guardi le persone negli occhi e provi a indovinare le intenzioni dietro le parole, se non rinunci a cercare quello che stavi cercando perché hai trovato qualcosa che non sapevi di cercare, e che è invece più importante, è il dettaglio che illumina tutto. Come fai a trovare qualcosa se non ci cammini dentro. […] E poi il nostro è un mestiere solitario, nessuno si volta a vedere che ti succede in una redazione, ciascuno fa per sé. Ma lo sappiamo, il gioco è questo e si gioca così.

Si tratta naturalmente di fiction, ma l’autrice ha lasciato intendere che molti dei fatti sono solo stati abilmente rimaneggiati per entrare nella finzione romanzesca pur essendo reali. Dietro ai nomi, ai personaggi, ai partiti, si intuisce la realtà italiana, aspetto che lascia ancora più inquietudine. Immagino siano fatti che a Concita De Gregorio sono accaduti realmente: minacce, licenziamenti, ricatti. Grandi schifezze, grandi onte. E non di pochi, e non circoscritte. Tutta quella cortina di segreto e fango è invece la base della politica e dei sistemi di potere che reggono pressoché tutto: cariche, soldi, investimenti, informazione. Se questo è il modo in cui girano le cose, come possiamo essere sicuri che esista un bene, una giustizia, una bellezza?

Ma soprattutto, se l’informazione è uno dei cardini di questa storia, un ingranaggio di una macchina di ricatto e falsità, un’estorsione di dati a fini propagandistici, una messa in scena a scopi altri, con che spirito ci affacciamo a un giornale, sfogliamo, leggiamo, e forse pensiamo? Con che spirito io, che faccio la giornalista, porto avanti con una fatica bestiale gli ideali di verità e onestà che mi hanno passato i miei insegnanti, oggi, nell’epoca dell’algoritmo sovrano? Ho un po’ paura.

La verità finisce sempre per essere quella che vogliamo che sia. Intendo dire che esiste una versione dei fatti sufficientemente verosimile perché sia presa per buona, perché sia scelta come la migliore via d’uscita, e a tutti conviene farlo. A tutti. E tutti infatti contribuiscono a costruirla, confermarla, ripeterla nel tempo fino a che non ci sia più chi abbia voglia di obiettare, perché intanto le cose corrono, e cambiano, e di quello che è accaduto nel passato, che è passato appunto, non importa più molto: quello che importa è il presente, l’immediato futuro.

Questo romanzo porta con sé un’ombra inquietante che mette in allarme e fa drizzare le orecchie. “Un romanzo teso, elettrico, che ha il respiro del thriller e la potenza del ritratto generazionale”, lo descrive la quarta di copertina Feltrinelli. Ed è vero: il ritmo è serrato, si vorrebbe arrivare a capire il nocciolo dell’intrigo, ma l’intrigo sprofonda nella macchina del fango à la Saviano, la piramide di fango à la Camilleri. Nel fango: il fango sporca, soffoca, nel fango si affonda, e dal fango è assai difficile, spesso impossibile uscire.

Certo, la De Gregorio non resta totalmente nera, ma apre uno spiraglio finale che dà respiro, per fortuna: il peso, arrivati quasi al fondo, fa vorticare la testa, sembra di provarli anche noi, lettori, i tic nervosi di Nora, ci sentiamo convocati a quelle scrivanie, ai quei colloqui in cui reggere sguardi e anticipare provocazioni a cui non abboccare. Bisogna essere sempre un passo avanti: leggere, studiare, coltivare bellezza. Basterà? Forse no, forse bisogna anche e soprattutto avere, mantenere, il coraggio delle proprie idee e delle proprie scelte, e questo Nora lo può fare solo perché è intelligente, brillante, molto determinata, ha dei solidi punti di riferimento a casa – meravigliosa, emozionante a fondo, la lettera del padre – ed è giovane, sporcata dal fango ma ancora pulita dentro. Lavato il vestito bianco ormai chiazzato, può affacciarsi al giorno, e lì dare uno scopo nobile alla sua intelligenza, ferita ma pronta a sanare e, sulle cicatrici accumulate, sullo spavento, ritrovare nuovo vigore, nuova ferma e pulita bellezza, nuova luce.

Autore

Sono una giornalista, mi occupo di uffici stampa per la cultura e l'ambiente, di comunicazione e social media. Ho un dottorato in semiotica: va da sé che ho una spiccata curiosità per tutto ciò che ha a che fare con i testi e i loro meccanismi. Amo il mare, leggo tantissimo e adoro scrivere: A contrainte è il mio sito, ci trovate recensioni di libri e racconti di quel che mi circonda!