Un condominio, un protagonista grottesco e inaspettato. Questa una delle chiavi originalissime che reggono l’edificio – termine affatto casuale – de L’affare Mayerling, ultima creatura del francese Bernard Quiriny edita in Italia da L’Orma, già affezionata casa editrice di Quiriny e di colui che è considerato una sorta di suo predecessore, Marcel Aymé.

Ambientazione e toni tutti francesi per un’opera particolarissima, che mi ha colpito in positivo nonostante abbia in sé del grottesco, un elemento che solitamente mi respinge. E invece, pregio di chi lavora con la lingua e attinge a strati e strati di letteratura precedente, questo libro è risultato delizioso. Beninteso: delizioso non nel senso di zuccheroso, aggettivi che a questa storia proprio non si adattano. Delizioso, invece, per, e della sua costruzione narrativa.

La storia – la strana storia – del condominio Mayerling, frutto di recenti affari edilizi poco chiaro e pronto a solcare il mercato immobiliare come residenza di pregio in un quartiere bene della città, è narrata da due osservatori non coinvolti nei fatti che, appassionati di volantini e annunci immobiliari, ne seguono passo passo le vicende, fino a conoscere da vicino i protagonisti. Protagonisti che, neanche a dirlo, sono proprio loro: gli inquilini del Mayerling, presto diventato una presenza fisica antropomorfizzata (divertentissima, a questo proposito, la copertina del romanzo che lo raffigura come una faccia con i tratti somatici, un volto cattivo).

Proprietari o affittuari, tutti gli inquilini si ritrovano, una volta entrati nei rispettivi appartamenti, a dover fare i conti con una serie di episodi strani e sempre più inquietanti. Ci sono per esempio le dimensioni dei box auto molto inferiori a quelle promesse e di legge, le tubature che per motivi misteriosi non identificabili da nessun idraulico rigurgitano fogna, il rumore assordante dei vicini e, peggiorando, dimagrimenti e ingrassamenti, visioni di fantasmi spaventosi e pazzia sotto forma di delirio psicologico. Ma cosa c’entra, direte voi, tutto questo con il Mayerling? Apparentemente nulla, almeno all’inizio, quando tutti questi episodi sembrano legati a singole sfortune, problemi personali, disguidi che tutti conosciamo per aver cercato casa.

Solo dopo un po’, giunti all’esasperazione, i condomini inizieranno a capire la verità: il Mayerling ce l’ha con loro, ed è con loro che ha ingaggiato una vera e propria battaglia che si accanisce contro i singoli condomini chiudendo improvvisamente porte, emanando miasmi di origine incerta, rendendo scivolose le scale, creando insomma, disagio dopo disagio, una situazione di fortissimo malessere, quasi di inquinamento psicologico e disperazione.

Si profila così, nel racconto dei due narratori, che procede a quadri tematici e insieme cronologicamente, proprio come fosse un reportage giornalistico (ed è forse, questo, uno degli aspetti che più mi hanno colpito positivamente di questa insolita narrazione), un secondo tempo che vedrà ribaltare la situazione. Se infatti dapprima è il Mayerling, con la sua aura sinistra, a insistere sul benessere degli inquilini, polverizzandone sistema nervoso e sopportazione, non appena acquistano coscienza alcuni di loro iniziano a capire la verità e si alleano per un unico e chiaro scopo: abbattere il palazzo.

È evidente, ormai, che la narrazione, seppure sempre mantenuta su toni di veridicità e realtà, porta avanti una storia dal gusto surreale e molto grottesco: c’è un palazzo come posseduto, una presenza fisica e dotata di volontà e ragione che si scaglia contro i suoi abitanti. A contornare la tragicommedia orlata di nero, l’inquietantissimo ritrovamento, nelle cantine del palazzo, di un vano caldaia non giustificato da alcun impianto, e il progressivo fallimento della ditta costruttrice insieme alla sparizione di qualsiasi responsabile della struttura. Ci credereste che intorno al Mayerling si aggira persino una presenza strana e celata sotto impermeabile e cappello, con una sinistra valigetta? Ormai, mi direte, si può credere a tutto in un romanzo del genere, che con la sua aria francese, il suo nastro di grottesco sempre intrecciato al veritiero ci richiama alla mente gli esperimenti tra narrazione e spazialità di Perec, nel suo parigino La vita, istruzioni per l’uso, tutto incentrato proprio su un condominio.

Magia della scrittura di Quiriny e della sua formula, non abbandonerete questo romanzo fino alla fine, avvinti dal mistero del Mayerling e ormai logorati, come gli stessi inquilini, dalle prove terribili e funeste messe in atto dallo stesso palazzo. Vi ritroverete, straniti eppure molto realistici, a ripensare a tutte le volte che avete cercato casa, e ogni situazione in cui proprio quella casa ha quasi preso vita, un’essenza malvagia che tramando contro il vostro benessere quotidiano ha allagato pavimenti, scrostato intonaci, fuso impianti elettrici e via, ancora altri disastri condominiali e domestici, dalle riunioni roventi con gli altri abitanti del palazzo ai vani interventi dello specialistica di turno, idraulico, elettricista o persino geometra.

Insomma: toni realistici per situazioni davvero sinistre il cui intento finale è però chiaro, ed è cioè di far riflettere sul tema della speculazione edilizia, sul soffocante imperare del cemento nella nostra vita quotidiana. La casa che stratifica cemento, sabbia, granelli, contro natura, per finire poi nell’assurdo ribellarsi di questi stessi elementi morti contro la natura umana viva che abita la casa, fino a farla fuggire, disperata, depressa, esaurita. L’affare Mayerling è un crescendo di situazioni paradossali e un climax di incidenti, problemi e ribellioni organizzate contro l’inquietante condominio che non ci si presenta mai, ma che impariamo a conoscere e del quale sappiamo di dover diffidare. In fin dei conti, una ribellione che parte pacata e finisce per esplodere nel suo grido contro il cemento, verso la riconquista di una dimensione, questa sì, autenticamente umana, immersa nella natura.

«Uno stabile moderno altro non è che una spiaggia depredata» mi spiega Braque. «Per fare il cemento ci vogliono enormi quantità di sabbia e ovviamente la si preleva dove ce n’è in abbondanza , ovvero sulle spiagge . E quest’ultime, quindi, scompaiono. La correlazione tra sviluppo urbanistico e regresso delle spiagge è facilmente constatabile sui litorali turistici; guardi la Spagna, per esempio. Ai turisti piacciono le palazzine vista mare; i costruttori, per farli contenti aspirano dalle spiagge la sabbia che serve per il cemento».

Autore

Sono una giornalista, mi occupo di uffici stampa per la cultura e l'ambiente, di comunicazione e social media. Ho un dottorato in semiotica: va da sé che ho una spiccata curiosità per tutto ciò che ha a che fare con i testi e i loro meccanismi. Amo il mare, leggo tantissimo e adoro scrivere: A contrainte è il mio sito, ci trovate recensioni di libri e racconti di quel che mi circonda!