Gennaio 2020, il primo post letterario dell’anno nuovo arriva tardi, un po’ defilato, sul finire del mese. E tuttavia spero sia bello, e che dia spunti raccontando storie personali e universali insieme. Scrivo questo perché il primo post letterario di quest’anno ha a che fare con il progetto di lettura organizzato ancora una volta da Radical Ging. Si tratta di una challenge: ogni mese un autore, e dunque un libro, ogni mese una scoperta, e un tassello che in questo caso andrà a comporre un grande affresco chiamato Einaudi.

La nuova sfida per il 2020 si chiama infatti #EinaudiTO, ed è un percorso di lettura dedicato a scrittori einaudiani che, come scrive Radical Ging, «per nascita o per relazione speciale, siano stati parte di Torino e della casa editrice che trova la sua sede in via Biancamano».

A gennaio il protagonista non poteva che essere lui, il fondatore, Giulio Einaudi. E, aggiungo io, il libro protagonista non avrebbe potuto essere altro che Colloquio con Giulio Einaudi, di Severino Cesari. Uno fondatore della storica Einaudi, quella di Torino, l’altro cofondatore di una delle collane dell’Einaudi romana più famose, Stile libero.

Questo volume, come tanti di quelli che costelleranno la challenge EinaudiTo, ha un legame particolare con la mia storia di lettrice, perché è uno dei libri che ha fatto parte della mia ricerca per Torino di carta, e perché è, al contempo, uno dei mattoncini attraverso cui ho potuto fare un viaggio unico, a ritroso, alla scoperta della casa editrice dalla quale arrivavano ben quattro (ma in realtà di più) autori che ho trattato nel mio libro, tanto da farmeli definire “gli einaudiani”. Poco a poco, mese dopo mese, vedrete che compariranno tutti.

Insomma, questo colloquio con Giulio Einaudi è stata una delle chiavi di accesso al mondo della casa dello Struzzo, nata nel ventennio con la volontà di fare cultura, in un’Italia fascista che è stata spietata con molti dei fondatori, uno su tutti Leone Ginzburg. Con le bombe, che hanno distrutto più e più sedi dell’Einaudi, con la censura, con la Resistenza. Einaudi è nata resistente, e io l’ho scoperto anche attraverso questa lunga intervista di Severino Cesari al fondatore Giulio Einaudi.

Il colloquio è uscito nel 1991 e poi ripubblicato diverse volte, ed è una lunga storia che ripercorre tutta l’epopea dell’Einaudi, dai fondatori – Pavese, Ginzburg… – fino a personaggi che hanno fatto la storia di letteratura ed editoria novecentesca, tra cui, e sentite che infilata di nomi, Calvino,  Bollati, Mila, Pintor, Balbo, Bobbio, Vittorini, Foà…

«Quando fu distrutta la nostra sede in piazza san Carlo, dopo quarantotto ore eravamo di nuovo efficienti in un’altra sede, telefoni, macchine per scrivere, bozze e scrivania. Una casa editrice portatile, smontabile come una tenda da comando militare».

Una casa editrice resistente, ve lo dicevo. Perché è questo il nocciolo fondamentale che si apprende ascoltando – leggendo – direttamente dalle parole di Gilio Einaudi che cos’era il progetto culturale che animava questi intellettuali, di solito riuniti intorno al grande tavolo ovale del mercoledì, che leggenda vuole essere ammantato di fascino. Un fascino che pare esistere ancora oggi, alle riunioni del mercoledì che si svolgono ancora in Via Biancamano.

Giulio Einaudi racconta che la storia della sua casa editrice è in realtà la storia di un gruppo formato da tante teste, anche diverse. Denominatore comune: l’impegno civile, con la società, il lavoro “di opposizione” sviluppato apposta per creare attenzione, cultura, conflitto costruttivo. «c’era un legame profondo, fecondo e contraddittorio tra di noi e con la realtà, come è naturale che succeda in un casa editrice di cultura, se è davvero tale, se non è una macchina che insegue un proprio astratto ideale. Certo, cercavo di governare questi conflitti. Lo rivendico. Ciò non vuol dire che ci sia sempre riuscito».

Come racconta Einaudi, è al Liceo D’Azeglio di Torino che si solidifica il primo nucleo della casa editrice, con il “gruppo monti” o la confraternita del Liceo D’Azeglio: guidati da Monti si ritrovavano riuniti Pavese, Bobbio, Foà, Geymonat, Antonicelli… Torino, e non un’altra città: Torino che è industriosa, che ha una nobile tradizione editoriale che arriva da Gobetti, Torino che è un laboratorio, un humus dove il progetto Einaudi trova linfa per prendere il via. 1933: la data di fondazione, in via Arcivescovado 7, una soffitta dove Leone Ginzburg spesso si fermava a dormire.

Qui mi sono soffermata tanto per costruire Torino di carta. Ho vissuto pezzettini della vita di Pavese, tra i fondatori, e poi Natalia Ginzburg, moglie di Leone, morto troppo presto durante la guerra, e poi la risalita dopo gli anni bui, Calvino che arriva dalla Liguria e tutto il fermento redazionale. Il bollettino Einaudi, le traduzioni, la cura per il catalogo, le novità, i premi.

A una gloriosa fondazione e un altrettanto nobile inizio, come è naturale seguono vicende che vanno a braccetto con la storia. E così alti e bassi della casa editrice, le scelte sbagliate, l’espansione, le prime separazioni, come quella di Bollati. Il mondo fuori che cambia, l’ambizione culturale che resta, gli errori, come il non accettare in prima battuta Se questo è un uomo. E sempre tanti, tantissimi personaggi che vivono nel pantheon della letteratura e dell’editoria italiana, ne hanno segnato il solco.

Simboli, così li definisce lo stesso Einaudi intervistato da Severino Cesari. Sono i nomi della letteratura che tutti conosciamo, anche solo per averli sentiti nominare. Eppure, come è profonda la conoscenza che se ne fa leggendoli e riscoprendoli fuori da contesti scolastici o di imposizione. Per me è stato un viaggio straordinario di scoperta, tra scrittori ognuno con la propria indole, le proprie idee, il proprio vissuto, ma una fermezza e un rigore rari.

Redazione, vacanze, lavoro serio, vita privata: tutto si mescola in una casa editrice che all’inizio era una vera e propria famiglia. Sono le origini che ancora oggi nobilitano l’Einaudi e il suo catalogo. Spiritus durissima coquit, recita il motto sotto lo storico logo: «lo spirito digerisce le cose più dure»: di attacchi, concreti e più immateriali, è costellata la storia di ogni impresa, e più è grande, più saranno le minacce esterne. Anche di questo è fatta la storia della più grande casa editrice di cultura italiana, ed è per questo che ripercorrerne alcuni tasselli con questa challenge sarà bellissimo, e sarà altrettanto entusiasmante, per chi ancora non lo conoscesse, leggere questo Colloquio con Giulio Einaudi.

Autore

Sono una giornalista, mi occupo di uffici stampa per la cultura e l'ambiente, di comunicazione e social media. Ho un dottorato in semiotica: va da sé che ho una spiccata curiosità per tutto ciò che ha a che fare con i testi e i loro meccanismi. Amo il mare, leggo tantissimo e adoro scrivere: A contrainte è il mio sito, ci trovate recensioni di libri e racconti di quel che mi circonda!