Ho acquistato questo libro mossa dalla solita curiosità per le cose che fa Iperborea. Tutto quello che non ricordo, di Jonas Hassen Khemiri, tradotto dallo svedese da Alessandro Bassini. Non conoscevo l’autore, avevo letto la trama di sfuggita e, sull’onda di ricordi personali, avevo collegato la questione della memoria a tutt’altro. Ecco perché la lettura è stata un po’ lunga e, soprattutto all’inizio, faticosa. Ho dovuto familiarizzare con lo stile tutto personale di Khemiri. La sorpresa è che, mantenendo la fiducia nel libro, dopo qualche decina di pagine il nodo si è sciolto, sono riuscita a entrare nella storia. E, per quanto si tratti di una storia di quelle che definisco “in modalità minore”, cioè una storia senza happy ending, beh, la qualità e la genialità della scrittura hanno occupato tutta la scena, e si sono fatte ammirare.

Questo romanzo racconta la storia di Samuel, o meglio, cerca di raccontare i suoi ultimi mesi di vita prima del suo suicidio. È il modo in cui lo fa a rendere speciale questo libro. Perché non c’è un narratore onnisciente, e non è nemmeno lo stesso Samuel ad andare a ritroso e spiegarci. No, abbiamo invece uno scrittore, la cui identità non è nota, ma che intuiamo avere a che fare un po’ con l’autore reale, o per lo meno condividere con lui qualche dettaglio, che va in giro tra amici stretti e parenti di Samuel e li interroga. Tra le chiacchiere ricostruiamo sia l’identità e la vita passata e attuale di questi personaggi, sia il loro legame con Samuel, sia i fatti che piano piano hanno portato alla decisione del ragazzo. Così c’è Vandad, amico e coinquilino, ora detenuto, e tale Pantera, amica di infanzia di Samuel che vive a Berlino, e poi Laide, la ex fidanzata, la nonna malata di alzheimer, la madre, e Samuel stesso.

Un mosaico di voci, che si articolano, si intrecciano, si accavallano, si smentiscono, talvolta a confondere il lettore. Bisogna “staccare e riattaccare” ogni volta, ecco perché la lettura all’inizio ha bisogno di un po’ di respiro per reggersi da sola. Le voci vanno isolate, a ciascuna va dato un volto, un profilo, mentre si cerca, insieme, di intessere in una trama coerente i fili della storia. Vi posso garantire che, per alchemico talento dell’autore, questo espediente riesce: le voci assumono un’identità, la storia si avvia, e si conclude come ci aspetteremmo, con il tragico epilogo di Samuel. Eppure. Eppure qualcosa manca ancora: nessuno ci spiega. Le testimonianze raccolte dall’autore-personaggio sono tutte labili, ognuna differisce per dettagli e ognuna, naturalmente, porta con sé il proprio punto di vista. Genialità di questo romanzo. La verità, quindi, su cosa ci fosse nella testa di Samuel  e cosa lo abbia spinto a uccidersi, non emerge, e la vicenda si chiude con tanti fatti, tanti pensieri ma alcuna verità, solo ricordi.

È un po’ come in un documentario filmato, dove l’intervistatore parla con i protagonisti, con chi ruotava intorno al personaggio principale, e registra il parere di ognuno, il vissuto di ciascun singolo con quel personaggio. Non è dunque il personaggio cesellato di un romanzo “classico”, ma è invece la forma che a lui danno gli altri. E il fatto che si tratti del personaggio – di Samuel – che decide di compiere un gesto così efferato, ci lascia di stucco, perché in fondo, noi lettori come i suoi amici, non ne capiamo del tutto i dettagli, le motivazioni, il contesto. Ne vediamo solo delle parti.

Già di per sé questa costruzione narrativa sofisticata basterebbe a rendere il romanzo speciale e ad appagare un lettore vorace di storie e voci nuove (piacere: sono io). Ma c’è di più. Come per esempio la stessa definizione dei personaggi, che non sono i classici protagonisti di un romanzo ambientato in Svezia. Affatto. L’autore non ce lo dice mai – del resto è chiaro che non si tratta di una narrazione di quel tipo: nulla ci viene raccontato, sono frammenti di chiacchiere, ricordi, descrizioni, sempre parziali – ma la storia di Samuel, Vandad, Laide e la Pantera si snoda tra la comunità di immigrati mediorientali della città svedese dove è ambientata la storia. Una sorta di “sottomondo” che combatte con un colore della pelle non proprio svedese, con la burocrazia, le ambizioni, il mondo del lavoro e un certo spirito underground. Underground lo è senza dubbio la Pantera, artistoide dalla vita berlinese dissoluta; lo è in fondo Laide, attivista femminista che finisce per creare situazioni degenerate fuori controllo; lo è Vandad, immerso nella microcriminalità. E lo è, nel suo strano modo di leggere il mondo, anche Samuel, con la sua aria naif, smemorato, innamorato, semplice ma complessissimo, così tanto che a fine libro ancora non lo avremo capito.

L’apparato paratestuale del libro è ricchissimo, indice di un lavoro completo che accompagna la lettura e ne spiega alcuni aspetti. Nella ricca nota finale sull’autore di Alessandro Bassini ho infatti scoperto cose sull’autore. Jonas Hassen Khemiri è svedese, ma per metà tunisino, ed ecco il perché del costante approfondimento dell’interculturalità e del dialogo tra mondi differenti, che apre uno scorcio inedito e interessante sul mondo nordico della contemporaneità. Ha scritto inoltre tanto per il teatro, ed è un dettaglio che mi ha acceso luci sulla scrittura particolarissima, dove non c’è un autore che recupera le storie e le mescola insieme restituendoci una voce unica, ma dove appaiono invece diversi personaggi sulla scena, ciascuno libero di raccontare la propria visione (libero dunque anche, naturalmente, di mentire).

È una scrittura profondamente lavorata, e complessa, che oltre a giocare sui punti di vista e a mettere in dubbio la natura del ricordo e la sua veridicità riesce in un’impresa stranissima, quella di mescolare al dramma della vicenda di Samuel anche una sottile ironia, che non manca mai. Osserviamo le figure muoversi, dialogare, cambiare versione con l’intervistatore che immagianiamo scrivere o registrare, e poi giustificarsi, sostituire parole per velare concetti e insabbiare emozioni autentiche dietro la trama delle parole e delle frasi. Una trama che riporta in primo piano, in questo libro, l’altissimo valore del racconto in ogni sua sfumatura. Se lo lascerete spiegarsi riga dopo riga, vi sorprenderà!

Autore

Sono una giornalista, mi occupo di uffici stampa per la cultura e l'ambiente, di comunicazione e social media. Ho un dottorato in semiotica: va da sé che ho una spiccata curiosità per tutto ciò che ha a che fare con i testi e i loro meccanismi. Amo il mare, leggo tantissimo e adoro scrivere: A contrainte è il mio sito, ci trovate recensioni di libri e racconti di quel che mi circonda!