Se amo i gialli c’è una ragione: mi piace sapere come va a finire. Se amo i gialli Sellerio, invece, più che una ragione c’è una conferma, quella di un lavoro bello, di voci uniche che riescono a esaudire a pieno quello che vorrei da un libretto blu, di quelli piccini che stanno comodi in borsa e hanno la carta bellissima. Cosa? Divertirmi, incuriosirmi, farmi sorridere. Accendermi la scintilla insomma, quella che faceva dire a Holden di voler telefonare all’autore.

Perché io una telefonata a Gaetano Savatteri l’avrei anche fatta, è che mi avrebbe imbarazzata lievemente (leggi: un sacco) stordirlo di parole esaltate sul suo romanzo La fabbrica delle stelle, sull’idea grandiosa di mettere un giornalista al posto del detective, che per giunta è un giornalista fallito e disoccupato, sull’idea ancora più riuscita di piazzargli come spalla un tale, Peppe Piccionello, amico di famiglia e più che altro comico nato, e poi sulla Sicilia, che non è l’unica ambientazione ma è il posto dove tutto nasce e torna, ed è un posto, neanche a dirlo meraviglioso.

Vabbè, chi mi conosce lo sa: io la Sicilia la adoro. La terra, la sua cultura, l’indole dei siciliani, il cibo. E le cassatelle calde – dolce tipico del trapanese, io le ho scoperte a Favignana – che si sbafa Saverio Lamanna, il nostro protagonista giornalista/disoccupato/detective, mi hanno conquistata, cosicché in un viaggio in treno di circa quattro ore ho iniziato, gustato e finito (a malincuore) questa storia gialla di cui ora provo a parlarvi.

Dunque, qualche ingrediente ve l’ho già proposto, ma facciamo ordine. Saverio Lamanna era giornalista al Viminale, abitava a Roma e se la spassava col suo bello stipendio assicurato, prima di essere rispedito a casa dopo un comunicato piaciuto poco al suo viceministro di riferimento. Senza lavoro, senza certezze per il futuro se non la app che ha installato sul tablet che gli parla in spagnolo per fargli imparare la lingua (si chiama Teresita, ha pure un nome!) e la lettura dei quotidiani che ogni buon giornalista dovrebbe frequentare ogni giorno, è tornato a casa sua. Che è un paesello nel trapanese, Màkari, dove ha una casa che risistema e restaura grazie all’aiuto della star del libro, Peppe Piccionello, amico di famiglia. Le caratteristiche di Piccionello sono fondamentalmente due: farsi gli affari altrui, e vestire prevalentemente in mutande, t-shirt con battute sulla Sicilia e infradito di gomma. È esattamente con questa tenuta da “vita all’aria aperta” che Piccionello verrà caricato su un volo per Roma, e poi su un treno per Venezia, da Lamanna, che se lo porta appresso come spalla per il nuovo lavoro che gli è capitato e che ha acciuffato al volo: l’ufficio stampa di una giovane produttrice cinematografica niente meno che alla Mostra del Cinema di Venezia.

Màkari, Roma, Venezia: la trama si snoda praticamente lungo tutto lo Stivale, sfruttando – ovviamente – un omicidio, dei sospettati, delle scene di inseguimento, delle indagini piuttosto fai-da-te e una storia d’amore. È quella di Lamanna, che a Màkari ha conosciuto una ragazza dal nome esotico, Suleima, originaria di Bassano del Grappa. Inutile dire che una scusante per ritrovarsi in laguna i due la troveranno di certo.

Se finora vi è sembrato tutto piatto e scontato, è perché non avete letto il libro, e poi perché non vi ho ancora spiegato che la scrittura di Savatteri è una delle chiavi del successo: brillante, sciolta, ricca di battute tra il lieve sarcasmo, un pizzico di cinismo e l’ironia più sfrenata. E poi con uno che si chiama Piccionello di fianco sarebbe impossibile che il ritmo della storia e il suo stile non procedessero al passo con ironia e battute. Anche perché Piccionello in breve diventa il protagonista assoluto del red carpet veneziano, si fa amici attori famosi ed esporta la moda – assurda – di calcare la scena in havaianas di gomma colorata.

Leggete qui

-Quello mi pare di conoscerlo – fa Piccionello per rompere il gelo.

Indica uno il posa davanti a una folla di fotografi.

-È Kevin Costner.

– Somiglia a un tipo di Castelvetrano.

Oppure

-La classe è classe – si pavoneggia Piccionello.

– chi ti ha dato il vestito? L’uomo del Monte? Gli faccio.

– No, l’amico di Harry Potter.

-Chi? – chiedo.

– Marina, spiega a Saverio chi è Giuda.

– Jude law – fa Marina.

– Jude Law ti ha prestato il vestito? – sono esterrefatto.

– Sì, abbiamo la stessa corporatura. Si chiama Giuda, ma è un ragazzo a posto.

Insomma, risate garantite con questa storia gialla. Ma anche qualche appetitosa strizzata d’occhio metaletteraria, di quelle che, soprattutto nei romanzi di questo stile, mi piacciono un sacco. Si dà infatti il caso che Saverio Lamanna, mentre fa il giornalista, scriva anche romanzi gialli. Ne ha uno alle spalle, di discreto successo – tipico giallo Mediterraneo, lo definisce la critica – e del resto gli scappa anche di citare il suo collega di carta Montalbano, che ormai è talmente un classico da rimbalzare nei libri tra finzione, finzione al secondo grado e una smaccata complicità tra autore e lettore affezionato ai gialli Sellerio. È una cosa che fa sentire bene, come a casa. Ma dicevamo. Se Lamanna scrive libri, parrebbe quasi che la storia che vive a Venezia tra starlette e mondo del cinematografo possa finire in un libro, perché è narrata in prima persona e spesso al protagonista scappano incisi sull’attività dello scrivere, tipo:

Non lo confesserei a nessuno, ma Suleima mi manca.

Questa cosa però non la scriverò mai:

mi vergogno, tradisce il mio personaggio.

Dove sta la realtà? Dove stanno autore e lettore? Su un amichevole piano di complicità, a divertirsi e scambiarsi citazioni letterarie e trovate narrative. Del resto perché affliggersi di questo gustoso cocktail di scrittura? Lamanna e Piccionello si trovano nel regno della finzione e dell’apparenza, la festa del cinema di Venezia, dove “è tutto finto, è tutto cinema, tutta ipocrisia”, come tra l’altro si intuirà dalla trama gialla del romanzo, di cui non vi svelo nulla.

Chiaro che sì: il romanzo mi è piaciuto un sacco. Ne ho amato i personaggi, le loro sfumature, la comicità e l’umanità che nasconde, e ne ho assaporato davvero tanto la Sicilia che c’è dentro, nelle descrizioni, ma più che altro nelle abitudini dei personaggi. La cassatella calda, sì, e poi le magliette di Piccionello, l’indole, l’attitudine al mare e lo scontro con il “mare di serie b” di Venezia. Poi, nemmeno a dirlo, l’idea di fare dell’eroe un giornalista disoccupato, in balia dei problemi della professione e dei miliardi di cliché vuoti e ipocriti che vi ruotano intorno, non poteva che incontrare la mia approvazione e il mio divertimento nel vedere rappresentato un pezzettino della mia professione.

Infine? Beh, infine attendo la prossima avventura di Lamanna, e lo inserisco volentieri insieme all’intramontabile Piccionello nel grande mondo romanzesco in cui si muovono anche Montalbano, Rocco Schiavone, Carlo Monterossi e naturalmente Massimo coi vecchietti del Bar Lume. Di che sto parlando? Che domande: dei gialli Sellerio, quei fantastici libretti blu che stanno comodi in borsa e una volta aperti catapultano in mondi più mondi del nostro.

Autore

Sono una giornalista, mi occupo di uffici stampa per la cultura e l'ambiente, di comunicazione e social media. Ho un dottorato in semiotica: va da sé che ho una spiccata curiosità per tutto ciò che ha a che fare con i testi e i loro meccanismi. Amo il mare, leggo tantissimo e adoro scrivere: A contrainte è il mio sito, ci trovate recensioni di libri e racconti di quel che mi circonda!