Come si racconta un terremoto? Come si scava nelle macerie dei pensieri dopo un evento così devastante, davanti al quale si è impotenti? Prova a farlo Giordano, il 13enne protagonista di L’altra notte ha tremato Google Maps, una storia scritta da Michela Monferrini e pubblicata da Rrose Sélavy editore. Non a caso, si tratta di un editorie di Tolentino, nelle Marche, cuore della zona del Centro Italia che lo scorso 24 agosto è stata devastata dal terremoto che col suo sciame, dopo mesi, non ha ancora terminato di far sobbalzare la terra, i suoi abitanti e tutti noi che siamo lontani e possiamo solo guardare al tg immagini che mai crederemmo plausibili. Eppure. Non a caso, questo libro non solo racconta una storia nata da un’idea profonda e bella, una storia che aiuta ad aprire cassetti di riflessioni scomode ma necessarie. I proventi di questo romanzo, uscito lo scorso autunno, saranno infatti devoluti all’associazione di genitori “Amatrice – L’alba dei piccoli passi”, impegnata in attività per i bambini di Amatrice.

Perché quello di Amatrice – e Amatrice è solo la città simbolo di un evento che ha raso al suolo un’intera zona e registrato centinaia di morti – è stato, come ci ricorda l’autrice, un terremoto di nonni e di bambini. Un terremoto arrivato in coda all’estate, quando dopo i viaggi e il mare si passa qualche tempo nelle seconde case, i genitori al lavoro e i nonni a intrattenere chi è impegnato a finire i compiti delle vacanze, a immaginare l’anno scolastico in partenza sul diario nuovo e ad allestire la festa dell’amatriciana. Dunque, i protagonisti di questa storia non potevano che essere un ragazzino e sua nonna.

Giordano vive a Roma, il terremoto lo ha sentito: quella notte ha tremato la casa, il lampadario ha oscillato, tutti si sono svegliati preoccupati. Ma sua nonna no, per fortuna non se n’è accorta, perché lui ci ha pensato, “ha avuto paura che sua nonna abbia avuto paura”. Prima dell’estate la nonna di Giordano era ancora in salute, cucinava, capiva, passava tempo con il nipote. Poi tutto è crollato improvvisamente, dopo la vacanza coi genitori Giordano ha ritrovato una nonna annebbiata, non più autonoma, una nonna confusa tra pensieri, incomprensioni dovute alla vista, calata, e riaffiorare di ricordi passati. Come quello che la coglie osservando la tv, in quei giorni di fine agosto fissa su Amatrice e le zone terremotate. La nonna non capisce quello che è accaduto, si domanda perché tutti parlino di Amatrice, e racconta di quando, da ragazza, andava lì in motocicletta con quello che sarebbe diventato il nonno di Giordano.

È qui che il ragazzino ha un’idea, che insieme alla memoria e al benessere della nonna serve anche a se stesso per tornare indietro nel tempo e trovare un’Amatrice ancora intera, anteriore a quel tragico 24 agosto. Decide infatti di tornare indietro usando Google Maps, che non ha ancora registrato le immagini del paese cancellato, ma che conserva strade, incroci, indicazioni e addirittura persone rimaste immortalate dalla Google car in giorni di stagioni trascorse, vicino ai luoghi dove, nell’agosto 2016, avrebbero perso la vita. Giordano riporta la nonna su quelle strade, rivive insieme a lei un’Amatrice che non c’è più, e si affollano in lui i dubbi, l’elaborazione di un senso alla perdita improvvisa delle cose, degli affetti, delle persone care, come la nonna che svanisce di giorno in giorno, come chi è rimasto sotto le macerie quella notte che anche a Roma ha tremato tutto.

È un libro per ragazzi, ma non solo, perché è anche e soprattutto un libro scritto con l’urgenza di mantenere vivo qualcosa in mezzo al crollo, un’umanità, un pensiero, un senso di condivisione. È, in fondo, un libro sulla perdita vista dagli occhi ingenui di un ragazzino che non ha ancora conosciuto il dolore, ma che  ne sente l’avanzamento intorno, così come il crescere forte della consapevolezza per gli affetti. Giordano impara, forse per la prima volta in maniera così spiccata, a fare i conti con una realtà che prima era sotto controllo e che precipita all’improvviso. Nessuno può impedirlo, nessuno può fare qualcosa per prevedere la scossa né il “crollo” che sta vivendo la nonna, che perde la vista, la mobilità, la capacità di comprendere e l’autonomia. Tutto questo non è un processo graduale, a cu abituarsi e contro il quale cercare rimedi, no, avviene come da un momento all’altro: tutto precipita all’improvviso. Avviene quella notte del 24 agosto 2016 nel centro Italia, avviene quella stessa estate, nel giro di un paio di mesi, per la nonna di Giordano, che prima c’era, gli cucinava le cose, stava in piedi, e ora è come sbiadita, un’ombra di sé.

Mai come oggi, nell’era digitale, Google Maps accende la fantasia e dilata un tempo in perenne rincorsa, che cancella, disfa e ricrea senza lasciare spazio ai ricordi. Invece, su quelle strade digitali Amatrice è ancora com’era, vive ancora, nel suo paesaggio, nei suoi abitanti e nelle sue abitudini, che la sua forma e i suoi edifici rispecchiano. La reazione di Giordano sorprende chi, come me, non è del tutto nativo digitale e non aveva pensato immediatamente a questo luogo-rifugio virtuale capace di conservare il tempo e i luoghi. Non avevo fatto i conti con l’esistenza di un’Amatrice parallela, non avevo contemplato la possibilità al contempo rinfrancante e straziante di vedere, nelle stesse ore del post-devasto, la medesima località ancora in piedi, fissata in momenti ormai trascorsi e altrimenti irrecuperabili. Credo si possa intendere come un’educazione alla perdita, per Giordano, una di quelle tappe che si fissano in un evento che entra nella memoria come irremovibile, in un’estate tra la terza media e la prima superiore, quando si innesca l’irrefrenabile crescita che si accompagna a distacchi, novità, scenari inattesi, inevitabili perdite e nuova consapevolezza, nuovi timori.

È una storia che, ancora una volta, conferma il potere della sua autrice (che ho scoperto al suo esordio e con cui ho chiacchierato qui) di vedere la realtà con gli occhi dotati di una sensibilità grande e vera, e per i temi che affronta e il modo in cui lo fa, è una storia capace di commuovere in profondo. Ci sono infatti tra le pagine delicatezza immensa e bellezza che avvolgono, ma scuotono anche e abbracciano, consolano, dando spazio e respiro, in fondo, alla speranza dopo il dramma.

Il nome Giordano, come gli altri che compaiono in tutto il romanzo, è il nome di una delle vittime del terremoto del 24 agosto, di uno dei bambini, ma anche di tutti gli altri, residenti, commercianti e persone che, per un’infida piega del destino, quella notte si sono trovati sotto le macerie. Questo libro, inoltre, è corredato da un ricco apparato paratestuale che racconta molto. A partire dalla copertina, che vede un’illustrazione di Gianluca Folì dove la nonna cavalca la motocicletta insieme al futuro nonno, indossando una gonna che ha una fantasia “a indicatori di Google Maps”. C’è poi un’introduzione di Dacia Maraini, che impreziosisce e introduce alla forza e insieme delicatezza della storia. Infine, ci sono una nota dell’autrice e una dell’editore. Michela Monferrini racconta la propria urgenza di scrivere questa storia, all’editore, invece, la testimonianza della paura di quelle scosse, dei crolli, della forma del paesaggio che cambia, ma contro la quale armarsi di forza e coraggio, pubblicando per esempio un libro così.

Ad Amatrice, quella notte, c’erano più persone del solito perché era agosto. Perché era agosto ma verso la fine, quando terminati i viaggi si passa qualche giorno nella seconda casa. Perché si stava preparando la sagra dell’amatriciana per il fine settimana. Perché quest’anno la sagra dell’amatriciana compiva cinquant’anni. Perché quella sera c’era la festa del paese, in piazza. Perché le scuole erano ancora chiuse. Perché i nipoti erano a finire le vacanze nel paese dei nonni. Perché i nonni in città avrebbero avuto ancora troppo caldo. Perché i genitori erano già tornati al lavoro.
Così erano finiti sotto alle macerie: i compiti delle vacanze fatti, da fare; le agende, i diari del prossimo anno già comprati; le foto delle vacanze stampate, da stampare; i ricordi dei viaggi appena compiuti, la calamita, i regali per gli amici da rivedere, le cartoline comprate anche se non si spediscono più; i peluche portati dalla città per far abituate i bambini alla stanza della seconda casa/della casa dei nonni; l’ultima pagella; le conserve di sugo delle nonne e delle madri; l’abito comprato per un matrimonio che c’è appena stato, che ci sarà tra poco; il messaggio che deve ancora partire dal cellulare con scritto che ti volevo dire che durante l’estate le cose sono cambiate/non sono cambiate affatto; i biglietti di ritorno a casa per la settimana prossima, per domani.
Secondo sua madre, Giordano non ha cura delle cose, ma è solo che non ha mai pensato di doversene separare. Se la casa stesse crollando, e avesse soltanto qualche secondo di tempo per portar via qualcosa, cosa salverebbe?

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Sono una giornalista, mi occupo di uffici stampa per la cultura e l'ambiente, di comunicazione e social media. Ho un dottorato in semiotica: va da sé che ho una spiccata curiosità per tutto ciò che ha a che fare con i testi e i loro meccanismi. Amo il mare, leggo tantissimo e adoro scrivere: A contrainte è il mio sito, ci trovate recensioni di libri e racconti di quel che mi circonda!