Ogni tanto uno ha bisogno di leggere una cosa per puro piacere. Svago, distrazione, divertimento: aaaah, che cosa meravigliosa leggere. Ecco, il romanzo-bis di Alice Basso è perfetto per questo scopo. Scrivere è un mestiere pericoloso (Garzanti) è l’atteso (almeno per me che mi innamorai del primo L’imprevedibile piano della scrittrice senza nome) ritorno di Vani Sarca. Chi è costei? Ovvio, la protagonista. Meno ovvio: una ghost writer del tutto particolare, in una linea circolare di demarcazione che la racchiude e che va dall’abbigliamento – dark, dai colori funerei e dalla poca grazia – al carattere, fintamente cinico, dove l’intelligenza acuta è alimentata dallo stesso sarcasmo che mette a tacere la coscienza e i sentimenti. Insomma: Vani Sarca dovete conoscerla, perché è come gli scrittori per Holden, quelli che dopo che hai letto un libro vorresti chiamarli. Alice Basso, che poi, essendo l’autrice, forse sarebbe davvero la persona a cui voler telefonare, la conobbi invece a una presentazione al Circolo dei lettori di Torino, e infatti da lì in avanti mi è stato impossibile non associare la sua grandiosa capacità di linguaggio, di espressione, e l’ironia potente, al personaggio fantastico che ha creato.

Ma procediamo con ordine. Quando in scena entra Vani (diminutivo di Silvana) Sarca, state sicuri che di mezzo c’è un qualche mistero di risolvere. Generalmente, un mistero che ha a che fare con vicende editoriali o libresche. Perché, lavorando la nostra protagonista preferita per le fantomatiche edizioni L’Erica di Torino, città dove sono ambientate le storie, accade che i fatti strani, mescolati a misteri e questioni poliziesche, partano direttamente da lì, dai libri. Dove, altrimenti, Vani andrebbe a cercare rogne? Difficile immaginarlo: il suo unico riferimento, gli amici e la fonte di assoluta fedeltà e sicurezza sono i libri. Lei parla la lingua dei libri, sono il suo mondo. E inoltre Vani non ha solo lo straordinario potere di saper scrivere come scriverebbero gli altri, è che agli altri entra proprio nella testa: sa pensare come penserebbero loro, e dunque capire cose non immediate alla vista, anticipare azioni. Dunque prendere in castagna criminali.

Insomma: il personaggio perfetto per affiancare un detective. Chi ha letto il primo romanzo lo sa: il poliziotto preferito di Vani è il Commissario Berganza, che ritorna anche in questa seconda storia immersa nell’ambiente dell’altra borghesia torinese. Ne sono i protagonisti alcuni personaggi di una famiglia di stilisti, i Giai Marin, che nell’assoluto rispetto delle abitudini torinesi vivono in una lussuosa villa in collina. Sarà lì che, per scrivere un libro e conoscere meglio la persona cui deve dare voce, Vani si recherà restando impantanata in una strana storia di delitti del passato. Tra un indizio e un sospetto, e soprattutto tra un batticuore, una telefonata, un fornello e l’altro, divenuta ormai consulente ufficiale della polizia (vedi primo libro), avrà di che approfondire il suo rapporto con Berganza. Puntini puntini: e se vi viene il sospetto, sappiate che è lecito e che sì, potrebbe essere questione di “simpatia”. Niente però è così lineare né banale, perché a tornare sulla scena, fino al colpo di scena dell’ultima pagina, è anche Riccardo, l’intellettuale da strapazzo protagonista del primo libro e, nel secondo, divenuto ex fidanzato di Vani.

Intorno al nocciolo della storia, anzi delle storie – il giallo e i vari pasticci relazionali di Vani – personaggi secondari ma non meno importanti e delineati nel loro profilo più vivace, ironico e in fondo vero. Ritorna, per esempio, Morgana, la vicina di casa adolescente di Vani, suo clone di età ridotta, piccola dark timida ma acuta, intelligente e gran divoratrice di libri. C’è naturalmente Enrico, l’editore, che Vani osserva e sfida, smontandolo passo dopo passo con la consueta, mordace e assolutamente godibile superiorità intellettuale. E poi  ci sono i genitori e la sorella di Vani, di cui si alternano alla storia attuale ricordi del passato che vanno a scolpire ancora meglio il profilo della protagonista. Fino alla novità, il nipote di Berganza, felice scoperta con cui la nostra si divertirà a mettere ancora una volta alla prova le proprie doti di lettrice di menti altrui.

A vincere, ancora una volta, è la scrittura di Alice Basso. Fenomenale, irresistibile. Come, del resto, il personaggio che è stata capace di creare. Una ghostwriter che incarna davvero un personaggio, con tutte le carte in regola per esserlo, vista la sua capacità di distinguersi dalla massa per aspetto e per proprietà intellettive. E poi, la mia cosa preferita: lo stile, il linguaggio. Sono trascinanti, brillanti, frizzanti. Mai banali e stucchevoli, anzi sempre sagaci, intelligenti, e contraddistinti da un’ironia e da un sarcasmo che solo Vani Sarca. Sorriderete da soli, vi crogiolerete nel cinico disincanto di Vani e nella sua lingua che è sì affilata, ma al contempo straordinariamente umana. Non ci credete? Sentite qui:

“I ragazzi si siedono davanti alla scrivania di Berganza. Io trascino all’estremo sinistro della fila una sedia pieghevole di riserva. I ragazzi si accomodano composti. Io sprofondo nel sedile e stendo le gambe. Non è che voglia fare per forza la strafottente anticonformista, sono queste maledette sedie da regista che cedono sempre e diventano più basse del dovuto. Così ora sembro un’adolescente ostile in una classetta di secchioni. Vani Sarca, signori. La donna che quando hanno distribuito l’integrazione sociale era a casa a leggere Salinger”.

Se non si fosse ancora capito, trovo Vani Sarca irresistibile e l’autrice che l’ha inventata geniale come solo le battute di cui sono costellati i libri sanno essere. Sì, lo posso capire: la copertina di questo libro – come del resto quella del precedente – vi lasceranno perplessi. È vero: sembra il classico romanzetto con la tizia in copertina circondata dal magico mondo dei libri. Ebbene, Garzanti non ha avuto in effetti un’idea grafica all’altezza dell’arguzia e della vivacità di Vani Sarca che, con la ragazzetta in copertina nulla, ma proprio nulla, credetemi, ha a che fare. Vani è indipendente, sicura della propria voce, acuta come uno Sherlock Holmes e ironica come un’intellettuale profondamente conscia dei propri limiti ma così ben educata da simularli dietro allo schermo della battuta divertente. E siccome non le va tanto a genio che quel pizzico di umana fragilità si faccia intravedere, camuffa tutto con veli di sarcasmo. Ma è un difettuccio che il lettore, ben scaltro, le perdona: anche perché se Vani non parlasse e non pensasse con quella voce, la trascinante forza di questi libri verrebbe davvero meno, e allora sì, avrebbe senso una copertina anonima e fuorviante come quella che vi farà pensare “uh, no, la solita storia in rosa!”. Diffidate della copertina e fidatevi invece di quel che vi dico, e soprattutto della scrittura di Alice Basso.

Ah, e poi sappiate che ovviamente il romanzo viene sospeso sul più bello, e quindi una volta chiuso resterete lì, abbandonati a voi stessi, con questo vuoto terribile dato dalla fine delle avventure in compagnia di Vani Sarca che è ormai una vostra paladina, e del suo strano mondo, dove state ormai bene anche voi, e con la voglia disperata di sapere come andrà a finire. Per quello, bisogna solo aspettare il terzo (e ultimo? No! E poi come faremo?) volume della saga. Chiaro: non ho idea di quando uscirà, ma la sola certezza che Alice Basso sia al lavoro e che Garzanti stia scaldando gli ingranaggi mi fa già sospirare un po’ meno!

Autore

Sono una giornalista, mi occupo di uffici stampa per la cultura e l'ambiente, di comunicazione e social media. Ho un dottorato in semiotica: va da sé che ho una spiccata curiosità per tutto ciò che ha a che fare con i testi e i loro meccanismi. Amo il mare, leggo tantissimo e adoro scrivere: A contrainte è il mio sito, ci trovate recensioni di libri e racconti di quel che mi circonda!