E così ho letto Kent Haruf, anche io. Credo sia circa un anno che, curiosando in rete e seguendo blog come La lettrice rampante e pagine Facebook come quella di NN Editore, sono inciampata in appassionate recensioni e intensi commenti di un autore che non avevo mai sentito, su una saga, la cosiddetta “Trilogia della pianura” di cui ignoravo tutto, e su Holt, paese immaginario creato dall’autore, che a quanto pare evocava così bene il Colorado, l’America. Inevitabile: si è accesa una spia, quella del lettore curioso, quella dell’appassionato vorace di novità e di qualità, che in effetti questi tre volumi sembravano ispirare fin dalla copertina e dal lavoro di comunicazione della casa editrice che c’era dietro. A Natale 2016 mi sono regalata il cofanetto che contiene Canto della pianura, Benedizione e Crepuscolo, ma per rispetto (sì, fa parte del pacchetto paranoie e fisime del lettore, Pennac mi darebbe ragione), avendo davanti mesi complicati e affollati, non l’ho ancora toccato. Mi sono immaginata che questo autore e la sua voce avessero bisogno di tempo, di silenzio. E così aspetto il momento adatto.

Nel frattempo, però, qualche settimana fa è uscito il postumo Le nostre anime di notte, schizzato subito ai vertici della classifica delle vendite. Il battage promozionale sui canali che seguo è stato ancora una volta intenso, sia nel senso della quantità che dell’emotività. Del resto bastava leggere le citazioni riportate o anche solo la quarta di copertina per capire che la storia sprigionava delicatezza e intensità emotiva. Ebbene, vi confermo subito l’impressione, perché la scorsa settimana l’ho letto – è una lettura agile, un’oretta sabato e un’oretta domenica – e sì, da quelle pagine è uscita una voce affatto banale, e una storia che prende dritta, come si dice, in pancia.

Con una telefonata Addie Moore avvisa il vicino di casa Louis Water che lo vorrebbe vedere. Ha una proposta da fargli, diretta e audace: vuoi passare le notti con me? Dormire insieme, parlarci. I due sono entrambi sui 70 anni, vedovi e con percorsi di vita alle spalle, costellati – come tutti – da gioie, dolori, errori e tentativi non sempre andati a buon fine di riparazione. Ad accendere la speranza di una nuova luce nelle loro esistenze è proprio la proposta di Addie, dettata dalla solitudine. È un episodio strano, insolito, ci catapulta nell’anima di due persone di una certa età, delle quali escluderemmo di poter considerare una sfera così intima. Invece è proprio quella che Haruf affronta. Senza malizie, senza cliché: con purezza. Louis accetta la proposta e ogni sera va a dormire da Addie. I due si parlano, si tengono la mano, si raccontano le reciproche vite e si fanno compagnia, alimentando a fuoco basso un sentimento dolce e imbarazzato, sul quale si interrogano con un po’ di ritrosie, con i dubbi ma anche con le speranze e un amore che si rafforza a un ritmo magico e silente.

Purtroppo, Holt è una piccola cittadina e in quanto tale accoglie pettegolezzi e sguardi di riprovazione della gente. Vicini di casa e conoscenti, oltre che parenti, vengono presto a scoprire che tra i due c’è una relazione, e la additano come fuori luogo. Non sempre la forza data dall’età è sufficiente a fare spallucce e andare avanti per la propria strada, perché del resto Addie e Louis non sono liberi come dei ragazzini ma hanno le proprie famiglie alle spalle, ed esigenze a cui devono cedere il passo.

Se la storia fosse definibile con tre aggettivi, sarebbero delicata, semplice e pacata. L’intero romanzo è avvolto di dolcezza: la storia, i protagonisti, il contesto. Non accade nulla di speciale, di eccezionale, tutto si svolge in una routine semplicissima, rotta solo dalla proposta di Addie a Louis. La quarta di copertina recita: “questo libro è per chi è stato a Holt e non vede l’ora di tornarci, ma è soprattutto per chi, a Holt, non ci è ancora mai stato”. Io a Holt non ci ero ancora stata, e ho scoperto che si tratta di una cittadina immaginaria in tutto e per tutto immersa nel Colorado: le casette basse, i campi, la mietitura del grano, i parchi, la grande città. Un respiro che sa di America, quell’America dei film, così lontana da noi. Ed è lì, in questa contea della fantasia ma anche del mondo, che abitano i personaggi di Haruf. È in quella cittadina, tra i suoi abitanti e nel suo ciclo ripetitivo, che ha a che fare con le stagioni e la natura, che le vite e i percorsi si snodano. Sempre con estrema delicatezza, leggerezza, semplicità. Haruf descrive un piccolo mondo, calmo e circoscritto, persino inesistente, ma vivissimo nell’animo dei suoi abitanti, nelle dinamiche che polarizzano le loro esistenze, nelle vivide emozioni che scaturiscono dai dialoghi e colpiscono il lettore dritto al cuore. Sono dialoghi che, in questo volume, escono senza freni, non hanno nemmeno i segni di interpunzione e le virgolette a impacchettarli.

C’è un’urgenza estrema in questa storia d’amore tra persone avanti con l’età. Un’urgenza data da una fine imminente, dalla sensazione che tutto possa finire, che si esaurisca la felicità ritrovata in una vita al termine e costellata di solitudini differenti. L’umanità che ne esce fuori è intensissima, tira schiaffi e scioglie nodi profondi. Lascia senza parole e inonda di tenerezza. Infatti ora mi taccio e faccio parlare Haruf, per darvi un saggio di quel che intendo:

Di cosa vuoi parlare?
Voglio sapere cosa pensi.
Di cosa?
Del fatto di stare qui. Che effetto ti fa adesso. Passare la notte qui.
Ormai riesco ad accettarlo. Mi sembra una cosa normale.
Normale e basta?
Sto cercando di spassarmela un po’ con te.
Lo so. Dimmi la verità.
La verità è che mi piace. Mi piace molto. Se non lo facessimo, mi mancherebbe. Tu che ne pensi?
Adoro questa cosa. È meglio di quel che speravo. È una specie di mistero. Mi piace per il senso di amicizia. Mi piace il tempo che passiamo insieme. Starcene qui al buio di notte. Parlare. Sentirti respirare accanto a me se mi sveglio.
Anche a me piace tutto questo.
E allora parla con me, rispose lei.
Di qualcosa in particolare?
Qualcos’altro su di te.
Non ti sei ancora stancata?
Ancora no. Quando succederà, te lo farò sapere.

 

Fabio Cremonesi è il traduttore di Haruf per NN. Elemento che ho apprezzato nel libro è stata la sua nota, che, se non lo avessimo letto sui giornali e online, ci informa delle condizioni in cui l’autore ha scritto questo testo, cioè sentendo prossima la morte, e ci indica delle linee guida, come la ricorrenza dell’ineludibilità del tempo che passa, un elemento che ritorna lungo tutta la storia: ce la faremo? Ci sarà ancora il tempo?

Vale dunque, dopo aver citato il traduttore, spendere qualche parola per il prezioso lavoro dell’editore. NN, una casa milanese, piccolina, che però si impegna tanto per fare libri di qualità. Lo si vede dalla copertina, grafica e logo intrecciati in soluzioni mai banali ma forti, lo si vede dalla carta e dai font, ma lo si vede anche e soprattutto dal catalogo di cui finora avevo letto solo due italiani, Tommaso Pincio con Panorama  e Antonella Cilento con La Madonna dei mandarini, ma che, scoperto Haruf, attira la mia curiosità anche per la narrativa straniera. Al fondo di Le nostre anime di notte ho trovato un bellissimo invito al dialogo con il lettore: “Le pagine bianche di NN”. Si dice chiaramente che, per esigenze di foliazione, spesso al fondo dei volumi restano delle pagine bianche che l’editore solitamente occupa con pubblicità. Ebbene, NN ha scelto di alternare promozione del catalogo a pagine di quaderno dove prendere appunti. La promozione, però, si distingue: non mera pubblicità ma un fil rouge ispirato al tema o all’autore del libro. Percorsi, che allargano il campo di lettura e che coinvolgono in prima persona i lettori, chiamati anche a scrivere per proporre idee a un indirizzo email che chiude la pagina. È strano, è raro, ed è molto bello che editore e lettore si incontrino a fine libro in un aperto dialogo. Spero l’esperimento funzioni e porti (ulteriori) cose belle.

Autore

Sono una giornalista, mi occupo di uffici stampa per la cultura e l'ambiente, di comunicazione e social media. Ho un dottorato in semiotica: va da sé che ho una spiccata curiosità per tutto ciò che ha a che fare con i testi e i loro meccanismi. Amo il mare, leggo tantissimo e adoro scrivere: A contrainte è il mio sito, ci trovate recensioni di libri e racconti di quel che mi circonda!