Isole minori di Lorenza Pieri mi ha attirato per un motivo di una futilità disarmante, di cui forse dovrei vergognarmi ma che vi racconto perché in fondo è un aspetto di marketing a cui le case editrici lavorano con cura, talvolta. E questa cura, paga. Se poi si sposa con il momento particolare del lettore e il suo immaginario: tombola! Così è dunque accaduto che la copertina di blu e azzurri di questo romanzo che nel titolo conteneva la parola “isole” cascasse a fagiolo in mezzo all’estate, nel pieno di quel momento in cui avevo tanta, tantissima voglia di mare e di posti di mare, e cosa c’è di meglio di un’isola?

L’isola in questione è il Giglio, una location insolita nelle mie letture, ma un luogo dove mi avevano portata in gita in prima media e di cui ricordo ancora con nitidezza l’azzurro del mare, scendendo per una sorta di mulattiera dal castello verso il porto. Ecco, il Giglio è nella mia mente questa cosa qui: un’isoletta con un mare che potremmo paragonare alla Sardegna, poco distante dalla costa toscana, a cui la collegano i traghetti che si prendono da Porto Santo Stefano. Lorenza Pieri ci ambienta una storia temporalmente lunga, che ha circa quattro tappe lunghe una quarantina d’anni e che coinvolge la famiglia di Teresa e Caterina. Teresa, in particolare, è la sorella minore, dal cui punto di vista conosciamo i fatti. L’infanzia al Giglio, con madre ex studentessa e comunista convinta, il padre veterinario poco avvezzo alla famiglia, un albergo da gestire nelle floride stagioni degli anni ’70 e ’80, la nonna, il cane, gli amici e la vita sull’isola. In particolare, il rapporto di Teresa con Caterina, in qualche modo già grande, già adulta, dal carattere spiccatamente prevaricatore, dall’ego allargato. È in questa infanzia che Teresa, inconsapevole, inizia a maturare una propria idea di “minore”: è lei la sorella minore, ci arriva sempre per seconda, non è mai protagonista assoluta, tanto meno delle scelte eclatanti che scuotono casa.

Le ragazze crescono, la vita sull’isola inizia piano piano a cambiare, e naturalmente scorrono gli anni, si succedono le tappe che ora riguardano l’adolescenza delle due, i primi amori. Presto il Giglio dovrà essere lasciato per frequentare il liceo: Caterina è la prima a tornare in terra ferma, come sempre. L’isola piccola dove è tutto provinciale, marginale, dove le cose sembrerebbero quasi restare ferme nel tempo inizia a restringersi, a farsi per certi versi soffocante, soprattutto nella gola di Teresa, che resta in balia dei fatti familiari, delle decisioni altrui. Teresa, in quanto sorella minore, non è mai in testa all’azione. Ed è così che la scorgiamo crescere e fare esperienze sempre all’ombra della sorella, in quella che è esattamente una modalità “minore”, fino a un epilogo che sì, ci è molto familiare. Le scene di chiusura sono infatti quelle del disastro della Costa Crociere, a cui – sono sincera – non pensavo questa storia potesse arrivare, con cui non pensavo che le vicende di Teresa potessero intrecciarsi. Invece sì, e non solo perché, nell’intento di narrare il Giglio, questo episodio è una cronaca decisiva, ma perché ha una funzione narrativa nei confronti di un riscatto della vita da parte della stessa sorella minore.

Non voglio svelarvi di più: questo romanzo è una storia che, seppure dilatata su una linea temporale ampia – vediamo le sorelle bambine, ragazzine e infine donne, seguiamo la sorte dei genitori e sullo sfondo vediamo cambiare anche “i tempi” e dunque l’isola stessa – ruota intorno a uno snodo ben chiaro fin dal titolo. È una ricerca, una ricerca di riscatto, di prove per darsi pace nella condizione di sorella minore, di discesa ai patti attesa da tempo e mai decisa, di scavo e comprensione della scelta di non sopprimere mai il legame con un’isola minore.

È un doppio binario che fa, secondo me, la forza di questo romanzo, che da una parte indaga la vicenda di una ragazzina schiacciata dalla forza caratteriale della sorella e vittima talvolta inetta delle vicende domestiche, ma dall’altra è la narrazione di un’isola piccola e conosciuta da pochi, venuta alla ribalta solo negli ultimi tempi, e non per cause belle ma per un disastro. L’autrice cesella, scolpisce le andate e i ritorni di Teresa dall’isola, dov’è riposta la sua vera natura, di isola/sorella minore, alla terraferma dove si maschera dietro una neutralità senza forze, senza – diremmo – spina dorsale. Per vivere, ritrovare se stessa ed esserlo fino in fondo, Teresa ha bisogno dell’isola e ha bisogno di essere nella condizione defilata in cui è sempre cresciuta e in cui sa come stare al mondo, come stare bene. L’isola è il suo mondo, anche se tutto sembrerebbe dirle di no. Ci vorranno decenni e tante storie alle spalle per capirlo, e un fortunoso disastro umano e ambientale per darle la prova materiale e l’invito ufficiale a trovare pace nell’unico luogo le cui coordinate e la cui “anima minore” si sposano a perfezione con la sua prospettiva sul mondo e sulla vita.

Ora il mio parere sulla lettura. Ho apprezzato tantissimo l’ambientazione al Giglio, perché ho un debole per le isole minori e perché, come ho scritto, ci ero stata e ne avevo un piacevole ricordo. Quello che non mi è piaciuto a livello di gusto personale ed empatia con i personaggi è la struttura dilatata nel tempo. Perché dopo una prima parte che si infila con precisione nelle pieghe dell’infanzia, dei personaggi e dei luoghi, dall’adolescenza in poi il tempo sembra aver premuto sull’acceleratore, e tutto passa veloce, si perdono le riflessioni approfondite, ci troviamo personaggi cresciuti e con grandi esperienze alle spalle che non sono state scandagliate, psicologie formate mentre noi lettori non eravamo lì a vedere e capire cosa stava succedendo. Teresa è così: la troviamo bambina e poi è come se la perdessimo, mentre lei stessa un po’ si perde, si silenzia nella sua modalità di sorella minore. Non spicca, non brilla, non prende in mano la propria vita se non nelle piccole (o grandi, capirete perché) decisioni che danno vita alle nuove svolte raccontate poi dal romanzo. Ed è strano, perché Teresa è anche la narratrice di questa storia, e sentire riassunti dalla sua stessa voce interi periodi, ed esperienze e piastrelle di vita le fa perdere ulteriore centralità, la rende ancora una volta sfuggente, irrequieta e insaziata, minore. Mi sono domandata se fosse uno studio intenzionale da parte dell’autrice, e non ho ovviamente trovato risposta. Accade così, con alcune storie, ma tutto sommato, anche se mi è rimasto un po’ di incompreso e insoddisfatto, sono contenta di aver letto questo romanzo e di essere tornata al Giglio: è un’isola che vorrei riscoprire con calma, e con sguardo più aperto di quando l’avevo vista, molto piccola, la prima volta.

Autore

Sono una giornalista, mi occupo di uffici stampa per la cultura e l'ambiente, di comunicazione e social media. Ho un dottorato in semiotica: va da sé che ho una spiccata curiosità per tutto ciò che ha a che fare con i testi e i loro meccanismi. Amo il mare, leggo tantissimo e adoro scrivere: A contrainte è il mio sito, ci trovate recensioni di libri e racconti di quel che mi circonda!