marco malvaldi la battaglia navale

Ogni volta che finisci un romanzo di Marco Malvaldi, un po’ ti dispiace. Ne vorresti immediatamente uno nuovo, per non subire il vuoto del buio che ti si staglia netto davanti alla faccia rispetto al prima e al dopo dell’ultima avventura del Bar Lume che hai letto. Vorresti facessero parte della tua vita, Massimo, Alice, i vecchietti, i cappuccini, le partite a biliardo e le sere al ristorante di Pineta con Aldo a servire e chiacchierare tra i tavoli. Sì, è vero, forse se li avessi lì tra i piedi tutto il giorno alla fine ti stuferebbero, ma è talmente tanto nitido quell’universo, innervato di non detti, affetti malcelati ed emozione, di verve e colpi di scena, che un po’ vorresti davvero farne parte.

L’ultima pagina di un romanzo di Malvaldi, e in questo caso dell’ultima opera, La battaglia navale, è triste, perché vuol dire che ancora una volta è finito il divertimento. Nell’attesa di una nuova esilarante storia tra vecchietti, indagini e mordace ironia toscaneggiante, si può sempre tornare a rileggersi i libri precedenti, sicuri che si riderà anche se si conoscono già gli eventi, oppure si può tentare di scriverne qualcosa per darsi dei punti fissi e piano piano diradare la malinconia. Ci provo qui.

marco malvaldi la battaglia navale 1

Chi conosce Malvaldi già lo sa, per chi non lo conosce sarò rapida e chiara, spero: di professione chimico, l’autore ha scoperto che scrivere romanzi gli piace e gli riesce pure bene. Dentro le pagine dei suoi volumi Sellerio, sempre eleganti, in blu e delicate pagine gialline, condisce con una ricetta tutta sua la trama gialla – è Sellerio e sì, di polizieschi si tratta -, il tratto distintivo regionale, che nel suo caso è la Toscana, e che si esplicita mediante spassosissime battute dove l’accento penetra nella scrittura e “si sente”, e l’ironia, che un po’ arriva dalla lingua, ma che esplode grazie al sistema dei personaggi. Il libro in questione fa infatti parte della serie cosiddetta del “Bar Lume”, che fin dal nome fa sorridere. Trattasi del bar gestito da Massimo, ex matematico, mente logica e altrettanto cinica che, con l’aiuto della banda vecchiotti formata dai 4 mitici anziani frequentatori del bar, risolve casi polizieschi in quel di Pineta, piccola e anonima località di mare del litorale toscano. L’aggancio con le indagini istituzionali è fornito dalla commissario Alice, con cui Massimo intrattiene rapporti di un certo tipo, e davanti alla quale i vecchietti, divisa o no, non si tengono a freno. Per entrare subito nel clima di cui sopra, leggete infatti questa breve scena tratta da La battaglia navale, Alice entra in scena al bar, dopo una vacanza rovinata dal richiamo a Pineta per lavoro. Aldo, uno dei vecchietti, è descritto come galante, tant’è che domanda serafico se la signorina abbia ancora le palle girate. Io ridevo da sola mentre leggevo!

marco malvaldi la battaglia navale

Ai vecchietti del Bar Lume non si resiste, nemmeno se uno, come in questa avventura, ha perso la voce e si esprime con strani versi. Prese in giro assicurate, tra una pacca consolatoria e l’altra, perché in fondo quel che piace, inconsciamente, di queste storie, è che dietro alla facciata divertita e divertente c’è tanta consapevolezza, tanto spirito umano di comprensione. Il toscaneggiare e fare gli splendidi nei dialoghi palleggia infatti con le considerazioni di un narratore ad alto tasso ironico, che però ne sa un sacco, a giudicare da come sistema le tessere e allestisce i quadri di riferimento. Ne sa un sacco di Pineta, dei vecchiardi, delle relazioni tra loro, Massimo e gli alti personaggi, ma ne sa anche di materie scientifiche, altro elemento ricorrente in questa serie di Malvaldi. Ne La battaglia navale c’è una bellissima considerazione matematica che, più che per il ragionamento logico, mi ha colpito per la citazione di Umberto Eco. Ne parla al tempo imperfetto, ed è forse una delle prime volte che, dopo la scomparsa del professore, si legge di lui dentro un romanzo, al passato. Ecco, questa osservazione non avrà molto a che fare con Malvaldi e con la sua scrittura, ma è uno dei dettagli di questo libro che ricorderò, e che più mi hanno colpita.

Ho avuto il piacere di incontrare Marco Malvaldi al Salone del libro di Torino, era impegnato in firma copie e interviste allo stand Sellerio (ho volutamente evitato gli eventi che lo hanno visto protagonista, sicuramente eccessivamente affollati), come sempre, davanti all’autore delle storie che mi fanno sorridere, mi appassionano e nutrono il mio immaginario e i miei amici romanzeschi, non sono riuscita a formulare commenti di portata intellettuale superiore allo standard del timido-imbarazzato.

marco malvadi dedica

È che, penso, lui, Marco Malvandi, lo sa già quel che funziona nei suoi libri, quel che coinvolge e fa divertire, rendendo i personaggi, come dicevo prima, quasi degli amici, gente che ti pare di conoscerla e poterla trovare in coda dal panettiere. Dunque, quando l’autore è lì che ti guarda e aspetta tu gli suggerisca il tuo nome per scriverti la dedica sul frontespizio del libro, cosa si potrebbe dire di sensato? Qualcosa come “divoro i tuoi libri, rido da sola, se sono in treno la gente mi vede anche e però sono irresistibili, come si fa a non ridere? Complimenti, aspetto il prossimo, ma ce ne vorrebbe uno al mese!”.

Questo è il risultato: “grazie!” (con un dettaglio curioso: era il 14 maggio, non il 15! Marco Malvaldi mi ha scritto un autogragfo nel futuro, il che è molto divertente). Io spero che sia autentico, il grazie. Forse fa piacere a uno scrittore, per quanto di successo e dalle vendite importanti, come Malvaldi, sentire l’entusiasmo dei lettori, percepire che qualcosa del divertimento che ci mette nello scrivere (sì, lo so, scrivere è fatica. O meglio, è anche fatica, e tuttavia sono certa che Malvaldi quando scrive del Bar Lume si diverte anche lui, non sarebbe possibile il contrario) passa, attraverso il filtro del linguaggio e della narrazione. Non posso svelare di più della trama, rovinerei il gusto del lettore di polizieschi. Vi ho invece già detto tutto della verve che percorre il libro, delle sue voci e, che siate avventori o meno del Bar Lume, spero che mi crediate, e che la lettura sia appagante, come la mia.

Di Marco Malvaldi ho recensito anche Negli occhi di chi guarda, Sellerio.

Autore

Sono una giornalista, mi occupo di uffici stampa per la cultura e l'ambiente, di comunicazione e social media. Ho un dottorato in semiotica: va da sé che ho una spiccata curiosità per tutto ciò che ha a che fare con i testi e i loro meccanismi. Amo il mare, leggo tantissimo e adoro scrivere: A contrainte è il mio sito, ci trovate recensioni di libri e racconti di quel che mi circonda!