Qualche giorno fa ho avuto l’occasione di lasciare una Torino soffocata dallo smog, prendere un trenino e salire a nord, verso la Valle d’Aosta. Destinazione, il capoluogo: Aosta. La città attorniata dalle montagne. E se per voi magari sarà ovvio, per me, che arrivo dal mar Ligure, le cime innevate tutt’intorno, senza l’orizzonte-bussola del mare, sono sempre qualcosa di nuovo, insolito, affascinante.

Non era per sci che andavo in Valle ma per semplice relax alle terme. E vuoi allora non unire utile e dilettevole andando a vedere il nuovo museo costruito nell’area archeologica di Saint-Martin de Corléans? Il parco megalitico dell’area suddetta, che ha inaugurato in veste museale la scorsa estate, era stato salutato dalla stampa come uno dei luoghi dove, forse, approdarono niente meno che gli Argonauti, scorta armata a coloro che invece, in epoca neolitica, affrontavano il mondo sconosciuto in cerca di “cose nuove” (leggi, in questo caso: i metalli). Chiaro, si tratta di leggenda (e ne parla anche questo articolo uscito sulla Stampa online, che vi dà un po’ più di dettagli), ma è una storia molto intrigante, ancor più per qualcuno uscito da un liceo classico dove, insieme a Iliade, Odissea ed Eneide, si ha molto a che fare anche con il quarto poema antico: le Argonautiche. E poi dai, hanno un nome che per suono, etimologia e poesia respira epica già di per sé: come resistere a scoprire perché proprio Eracle Giasone & friends potrebbero essere passati dal mare alla Valle d’Aosta?

Lo scavo archeologico

Dunque eccoci: l’area megalitica più grande d’Europa, con questa clamorosa affermazione ci accolgono gli addetti alla biglietteria. L’accesso al sito, ci viene spiegato, è alla fine dello “scalone del tempo”. Senza ben capire e, da brave persone impreparate, senza nulla sapere del luogo che ci apprestiamo a visitare, scendiamo la lunga rampa che, come una macchina del tempo, ci porta a ritroso non solo nei secoli, ma nei millenni. Una storia di linea del tempo, come quelle che si facevano a scuola per tenere sott’occhio epoche, civiltà, evoluzioni in un arco temporale molto più esteso rispetto alla nostra percezione quotidiana. Al fondo dello scalone si apre, in effetti, un’area molto estesa, tutta coperta e “ripulita”, che capiamo essere lo scavo. Uno scavo che – questo lo abbiamo letto poco dopo sulle pareti – si contraddistingue per complessità e longevità dei lavori e per importanza e ricchezza di reperti. Una ricchezza che non sta a significare quantità e qualità degli oggetti ritrovati, quanto pluristraticità: nel sito di Aosta si sono sovrapposte più e più epoche, dunque l’area megalitica è in grado di raccontare un sacco di storie sui millenni avanti Cristo. Ma torniamo alla vista dello scavo: siamo sei metri sotto terra, davanti a un’area davvero estesa, sebbene coperta. L’allestimento museale ha volutamente puntato all’effetto emozionale, tant’è che sul soffitto è stato anche installato un sistema di luci che regolano l’andare e venire del giorno e della notte. Eppure, ancora non capiamo: ci sembra uno scavo spoglio, non abbiamo gli strumenti per leggerlo!

La curiosità viene appagata poco dopo: a ridosso dello scavo, infatti, sempre nella grandissima area coperta, inizia il museo, e con esso gli apparati didattici che raccontano al visitatore cosa racchiude quest’area e perché i ritrovamenti fatti sono così importanti. Attenzione, però:

Gli apparati visivi e i relativi reperti che raccontano del dovrapporsi di epoche nello scavo

il museo non si distacca architettonicamente dall’area, la affianca, le si sovrappone, insomma dialoga senza mai perderla di vista.

Come, con efficacia, spiega il volantino, l’area è articolata in sei sezioni che seguono cronologicamente e ricostruiscono i vari periodi storici stratificati nel sito, a testimonianza di un succedersi ininterrotto di civiltà. Si va dal Neolitico all’età del Rame, e poi del Bronzo, del Ferro, fino a giungere ai Romani (della loro presenza ad Aosta, se un po’ conoscete la città, non vi stupirete: pensiamo solo all’arco e al teatro… Dai, era pure nella serie tv di Rocco Schiavone!), e poi al Medioevo e all’età Moderna. Come a dire che in quest’area sono condensati 6 millenni di storia.

I solchi di aratura
stele antropomorfa

È una storia che parte con un ritrovamento particolare: solchi di aratura. Un ritrovamento particolare, e anche raro, così spiegano i pannelli, che, per la difficoltà di stabilire se i solchi siano stati fatti a mano o con un aratro, rende anche incerta la data in cui fissare la “nascita” dell’agricoltura. Aratro, infatti, presuppone bovini, ruote, in buona sostanza un apparato tecnologico, sociale e culturale che fissa una tappa importantissima nella storia dell’umanità. Ma attenzione! Ci sono anche ipotesi che vedono questi solchi di aratura non tanto come utili all’agricoltura, bensì come culto, gesto slegato dalla semina e puramente riturale. Già mi sarebbe bastato questo reperto per uscire soddisfatta dalla visita, con qualcosa di nuovo nella bisaccia della conoscenza. Ma la scalata a ritroso nei millenni prosegue con i pozzi, che contenevano cereali e macine: siamo sempre nel Neolitico.

stele antropomorfa con incisioni

Il sito divenne poi un’area sacra, dove sono infatti state ritrovate le buche di alloggiamenti di pali in legno, che seguivano precise geometrie e allineamenti. La civiltà avanza, come si nota: si crea cultura, si vanno definendo culti e visioni, ed ecco che sorgono le stele (da cui area megalitica). Una vasta e suggestiva serie di “massi” enormi e pesantissimi che, nel corso dei millenni, da grezze diventano sempre più antropomorfe, fino a presentare anche delle incisioni in forma di disegni della figura umana, con tanto di vesti e armi. Infine, la grande area delle sepolture, costruire con i dolmen e i megaliti e in cui i ritrovamenti ossei rinvenuti stanno ancora alimentando studi per capire meglio e di più le caratteristiche della popolazione di questo importante insediamento.

Una visita di quasi due ore per un’area di cui ignoravo tutto: l’esistenza, l’importanza, il fatto che si continui ancora a scavare, nella zona a sud. Interessante l’allestimento museale costruito sopra e intorno allo scavo: si nota l’intento didattico e, visto l’iniziale spaesamento di fronte al sito fatto e finito, posso testimoniare che ogni apparato, vetrina, elemento museale, contribuisce in effetti a creare un senso, spiegare e raccontare la storia del sito e del succedersi delle civiltà. Un plauso, poi, al video che va in rotazione senza audio mostrando niente meno che le operazioni di allestimento del sito: operai, gru, cavi, bulloni, falegnami, progettisti, archeologici, muletti. Un universo intero al lavoro per collocare i reperti, fragili e pesanti, nonché preziosi, e allestire il percorso. È sempre entusiasmante e appagante vedere il “backstage”, capire quanto lavoro e quante professionalità ci siano dietro a un’opera del genere.

Inutile dirvi che sì, val la pena, una volta scesi dalle vette, di fare una tappa ad Aosta città e fare un tuffo nella grande storia!

Autore

Sono una giornalista, mi occupo di uffici stampa per la cultura e l'ambiente, di comunicazione e social media. Ho un dottorato in semiotica: va da sé che ho una spiccata curiosità per tutto ciò che ha a che fare con i testi e i loro meccanismi. Amo il mare, leggo tantissimo e adoro scrivere: A contrainte è il mio sito, ci trovate recensioni di libri e racconti di quel che mi circonda!